Photo: Michael Clegg, 2012
L’artista è nomade
Matteo Fraterno
L’artista è nomade, Matteo Fraterno è anche artista interrelazionale che opera attraverso un linguaggio non radicato soltanto ad una produzione di forme ma ad una posizione etica che prevede scambio e dialogo. Attraverso materiali smaterializzati, vaporizzati, impalpabili, ecco l’artista costruire la casa dell’arte.
Una casa montabile e smontabile come la tenda del nomade nel deserto, che lo protegge ma non lo blinda come una trincea né gli assicura sopravvivenza definitiva. Egli ha bisogno di una casa mobile, in cui sostare e da cui partire. L’arredo è necessariamente provvisorio ed il mobilio pronto per ogni trasloco. Qui prevale uno stato di dormiveglia, intermedio tra clima notturno e clima diurno, una condizione di ambiguità, abbandono e lucidità. Ecco allora la casa dell’arte appartenere più alla cultura della diaspora, un eterno movimento a cui l’artista per propria scelta si abbandona, non in maniera passiva, come chi subisce il destino tragico imposto da altri. Per questo motivo noi parliamo di “diaspore dell’arte”, un plurale che conferma un grande rispetto per il destino tragico di molti popoli, ebraico ed anche palestinese. Le diaspore dell’arte assicurano laicità al significato di questo termine e designano anche la scelta dell’artista stesso: stabilire relazioni con altri artefici. Ecco allora la casa diventa luogo di incontro non solo dell’artista che ha progettato un atteggiamento interrelazionale con altri soggetti ma la fondazione di un appuntamento sociale anche con gli spettatori, invitati ad entrare, a scorrere lungo le scale e visitare le singole stanze abitate da un’arte volutamente non possessiva ma possidente. La casa dell’arte diventa il luogo dell’oasi, dove trovano insieme sosta, beneficio, accoglienza e forse anche bevande artisti e spettatori
[…]
Achille Bonito Oliva, 2010
Photo: Michael Clegg, 2012
L’artista è nomade, Matteo Fraterno è anche artista interrelazionale che opera attraverso un linguaggio non radicato soltanto ad una produzione di forme ma ad una posizione etica che prevede scambio e dialogo. Attraverso materiali smaterializzati, vaporizzati, impalpabili, ecco l’artista costruire la casa dell’arte. Una casa montabile e smontabile come la tenda del nomade nel deserto, che lo protegge ma non lo blinda come una trincea né gli assicura sopravvivenza definitiva. Egli ha bisogno di una casa mobile, in cui sostare e da cui partire. L’arredo è necessariamente provvisorio ed il mobilio pronto per ogni trasloco. Qui prevale uno stato di dormiveglia, intermedio tra clima notturno e clima diurno, una condizione di ambiguità, abbandono e lucidità. Ecco allora la casa dell’arte appartenere più alla cultura della diaspora, un eterno movimento a cui l’artista per propria scelta si abbandona, non in maniera passiva, come chi subisce il destino tragico imposto da altri. Per questo motivo noi parliamo di “diaspore dell’arte”, un plurale che conferma un grande rispetto per il destino tragico di molti popoli, ebraico ed anche palestinese. Le diaspore dell’arte assicurano laicità al significato di questo termine e designano anche la scelta dell’artista stesso: stabilire relazioni con altri artefici. Ecco allora la casa diventa luogo di incontro non solo dell’artista che ha progettato un atteggiamento interrelazionale con altri soggetti ma la fondazione di un appuntamento sociale anche con gli spettatori, invitati ad entrare, a scorrere lungo le scale e visitare le singole stanze abitate da un’arte volutamente non possessiva ma possidente. La casa dell’arte diventa il luogo dell’oasi, dove trovano insieme sosta, beneficio, accoglienza e forse anche bevande artisti e spettatori
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Achille Bonito Oliva, 2010
Media
Sotto-sotto da vicino nessuno è normale
Un progetto di Matteo Fraterno.
Con Panagiotis Samsarelos nel ruolo del prete
e Michelangelo Di Luzio nel ruolo dello psichiatra.
Un luogo di memoria che risvegli i miei ricordi; una discesa verticale nel passato che apre riflessioni su rimossi di rara bellezza. La parola manicomio appartiene alla mia infanzia celata e dimenticata che mi ha fatto esperire la prima volta al Santa Maria della Pietà come un ritorno a casa. Il nonno paterno Matteo, da me mai conosciuto, lavorava al manicomio di Aversa. Alla sua morte per sostegno familiare, o più semplicemente per neApotismo, vengono assunti i due figli: Pasquale e Vincenzo, fratelli maggiori di mio padre Mario, il primo infermiere, il secondo cuoco.
Quando ragazzini in famiglia, Pasquale, lo zio infermiere, aveva l’abitudine di spaventarci con delle scenette, a volte simpatiche, spesso pensate per reprimerci, copiate pari pari da avvenimenti ispirati dalla sua esperienza in manicomio. Di conseguenza, tra cugini, eravamo sicuri che lo zio Pasquale fosse sotto-sotto pazzo pure lui.
Matteo Fraterno, marzo 2021
Residenze
ESPERIENZE / L’infinito intrattenimento
a cura di Loredana Troise e Pasquale Persico
Πώς μπορεί κανείς να ονειρευτεί μέσα σε μια βιβλιοθήκη; Είναι το αίνιγμα το φόντο των εμπειριών / η ατελείωτη χρονοτριβή στη Βιβλιοθήκη των Σύγχρονων Τεχνών του ιδρύματος Μόρρα, όπου ο Matteo Fraterno θα κατοικήσει για ένα μήνα φροντίζοντας το χώρο ως καλλιτέχνης βιβλιοθηκάριος, αναστέλλοντας κάθε συνήθη δραστηριότητα κι ενεργοποιώντας μια βαθιά σχέση ανάμεσα στα βιβλία, τους επισκέπτες και τη διακόσμηση.
Το άνοιγμα στο κοινό στις 15 Φεβρουαρίου, επικεντρώθηκε στην προσωρινή διαμόρφωση της επίπλωσης έτσι ώστε ο καλλιτέχνης ταξιδιώτης να φτάσει σε μια νέα κατάσταση οικειότητας με το χώρο. Μεταξύ αυτών, το κρεβάτι είναι το πιο ξεκάθαρο σύμβολο της ιδέας της κατοίκησης η οποία διαμορφώνεται μέσα από το ταξίδι του Fraterno στον αρχαιολογικό χώρο του Ωρωπού.
Via Tirone della Guardia, 2
80040 – Trecase (NA)
+39 338 2052491
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Credits
DESIGN
Rosaria Millo
TESTI
Rossana Macaluso
PHOTO
Danilo Donzelli