PUBBLICAZIONE 2020
APOKATASTASI
di Matteo Fraterno
HOTEL DES ARTS
Manuela Gandini
L’ovre c’est moi! A fianco di Flaubert, eccoli, camminano Marcel Duchamp, Joseph Beuys, Vito Acconci, George Bataille, Antonin Artaud, Gina Pane, Marina Abramović e un nutrito esercito di artisti e anartisti, meno noti ma caparbi, che sono tutti ovre d’art più che semplicemente uomini. Opere d’arte che respirano, parlano, amano, mangiano, piangono. Matteo Fraterno è tra loro, è un’opera vivente, reclusa e sognante, nella biblioteca della Fondazione Morra. Non c’è pubblico, in questo tempo incerto, ma solitudine, isolamento e meditazione.
Con ESPERIENZE/L’infinito intrattenimento, Fraterno ha portato i suoi gesti quotidiani, i sogni notturni, la sua fame di conoscenza e la natura ascetica che lo caratterizza, nello spazio dell’arte. Anche altri hanno abitato le gallerie sprigionando le proprie energie in quegli speciali hotel des arts. Vito Acconci ha fecondato la Sonnabend Gallery quando, nel 1972, si è appiattito sul pavimento scomparendo sotto una piattaforma inclinata percorribile. Lì, sottratto alla vista delle visitatrici, si masturbava otto ore al giorno per inseminare lo spazio dell’arte. Joseph Beuys, nel 1974, giunse in ambulanza dal JFK a New York alla Galleria Rene Block dove visse e dialogò per tre giorni con un coyote selvaggio che pisciava sulle copie del Wall Street Journal. E Marina Abramović nel 2002, alla Sean Kelly Gallery, visse per 15 giorni su una piattaforma, digiuna e silenziosa come un monaco, con funzioni vitali ridotte al minimo. Era la sua risposta all’11 settembre.
Fraterno, all’inizio di questo strano anno pandemico, è vissuto lì, nell’ex centrale elettrica che domina Napoli, come un guardiano del faro portando con sé alcuni “arredi”: indizi antropologici e d’affezione mimetizzati nell’ambiente. Si trattava di estetizzare la scansione dei giorni e delle notti a venire, ricontestualizzando il percorso precedente dell’artista a partire dall’esperienza della “Via Egnatia” e dal rapporto con la Grecia e il mito.
La mattina doccia e colazione al ristorante (chiuso).
“Aspettavo che il sole se ne uscisse da dietro il Vesuvio e cominciasse a illuminare la biblioteca”.
E allora Fraterno afferrava il libro, in biblioteca, e s’immergeva nella lettura. Anima e corpo affondavano dentro le parole, nelle menti dei filosofi, nei concetti astratti e dentro alla storia. L’infinito Intrattenimento di Maurice Blanchot e Il bibliotecario di Leibniz di Sergio Givone sono i testi dai quali parte questa residenza concettuale.
“Non ho mai avuto una libreria in casa, sono nato dentro una tappezzeria”.
Intanto Fraterno seguiva il sole che si spostava dalla biblioteca al museo. Quindi saliva e suonava il pianoforte, disegnava, osservava, scriveva, prendeva una boccata d’aria.
Prima di cominciare l’esperienza eremitica – che ebbe inizio il 15 febbraio sconfinando poi nel cosiddetto “lockdown” – Fraterno (che è figlio di tappezzieri) costruisce una poltrona gialla con le sue mani. È un’opera e una seduta ma è anche l’aggancio con il progetto “Tappezzeria Fraterno” che l’artista realizzò a Gibellina nel 1998. Essendo ESPERIENZE/L’infinito intrattenimento un set esistenziale – con un fitto ordito di relazioni con il passato e con persone, oggetti e zoomate – ecco che Fraterno si procura pelli di montone facendole arrivare dall’Albania e arrangia, con la paglia, un giaciglio primitivo sul quale sognare.
“Preferisco fare esperienza di qualcosa piuttosto che capirla” disse John Cage.
“Nel mio viaggio a Oropos ho immaginato di dormire nel sito archeologico. L’idea che ne è nata è stata quella di trasferire quel ‘sognare’ in un altro luogo”.
Il viaggio è per Fraterno la realizzazione performativa, in solitaria, della sua indagine antropologica e Oropos – tempio dell’oracolo di Anfiarao e lager per i dissidenti durante la dittatura dei colonnelli – è l’origine del progetto. La fonte sacra di Anfiarao si dice avesse proprietà terapeutiche. Il pellegrino doveva dormire su pelli di montone e sognare. E purificarsi. Il sonno rappresentava il necessario periodo d’incubazione per ottenere la guarigione.
Sulla propria linea del tempo, l’artista-pellegrino-fraterno aveva già contattato i numi prima, ben prima che il mondo intero si ammalasse.
Ma le risposte oracolari non sono decodificabili ai più.
L’artista si è inoltre circondato delle pietre sulle quali ha inciso lettere dorate di un alfabeto sconosciuto. L’esperienza è stata un viaggio immobile, accompagnato dai reperti delle sue esplorazioni filmate, dalle carte geografiche e dalle foto archeologiche. Un viaggio immerso nel silenzio e nella speculazione storica. Fraterno, del tempo passato in biblioteca, ne ha fatto un intimo capolavoro. I libri hanno continuato a parlargli, a ordire combinazioni a sua insaputa, rivelandosi borgesianamente nel corso dei giorni. E poi i sogni si sono palesati richiamandolo da oltre cortina.
Che funzione ha l’arte?
Tutto ciò è avvenuto in prossimità della frattura tra il vecchio tempo e il tempo nuovo: il tempo dominato dai movimenti del virus e dall’allontanamento dei corpi. Mentre Fraterno consumava le sue ore in biblioteca, il tempo della distanza e della “sicurezza” s’imponeva nel mondo umano. Perché un artista rinuncia a casa propria, alle abitudini e al comfort, per entrare in un diverso rituale? In un rituale a-sociale? Ogni artista che ha abbandonato il proprio contesto domestico per abitare quello artistico lo ha fatto come rito. Un rito di purificazione e crescita individuale che diventa collettiva, un rito culturale per creare alternative e spostare le condizioni date. Abitare lo spazio pubblico/privato della cultura è uno sconfinamento simbolico, muove forze sottili e invisibili.
In tutto ciò, entrano in campo numerosi agenti oltre a quelli non prettamente visivi dell’opera. E la comunità artistica, quella più ristretta e intima, è lì fuori dal muro che partecipa. Non può stringergli la mano ma può apparire via zoom.
ESPERIENZE/L’infinito intrattenimento lo ha portato nel vivo dei processi di conoscenza letteraria, di una quotidianità onirica multidimensionale.
Le tracce del cammino sono indizi, minime varianti, mimesi incerta o meglio invisibile. Dormire sul giaciglio è come abitare alle pendici del vulcano. Fraterno ha compiuto un viaggio inter-temporale nei documenti, nei libri, nelle foto, alle quali l’artista ha attaccato la propria esperienza. Il suo è stato un lockdown diverso, con i sensi aperti in ogni direzione.
Mentre concludo questo testo e un nuovo lockdown si profila all’orizzonte, intravedo Ofelia che continua a galleggiare in su e giù, lungo il fiume, senza che nessuno la veda con i fiori sparpagliati attorno e gli occhi aperti su un mondo cieco.